La Dott.ssa Sala e il Dott. Munno del Centro provinciale DCA si raccontano
La Dott.ssa Alessandra Sala, dirigente medico psichiatra, responsabile del Centro di riferimento provinciale per i disturbi dell’alimentazione e del peso di Vicenza e il Dott. Vincenzo Munno, dirigente medico endocrinologo, referente medico del Day Hospital del Centro disturbi alimentari, ci raccontano il loro impegno quotidiano e la collaborazione con la nostra Associazione nel progetto finanziato dalla Chiesa Valdese.
Buongiorno Dott.ssa Sala e Dott. Munno, grazie per il vostro tempo!
Quanto conta la collaborazione con l’Associazione Midori per il Centro di riferimento provinciale per i disturbi dell’alimentazione e del peso?
Quella con l’Associazione Midori è una collaborazione fondamentale per il nostro Centro.
L’Associazione rientra tra quelle riconosciute dal Dipartimento di Salute Mentale e come tale partecipa all’Assemblea del Dipartimento. Entra inoltre a far parte del tavolo Regionale sui disturbi alimentari a cui il Centro a sua volta aderisce.
L’Associazione si pone come interfaccia tra utenti, famiglie e Servizio, diventando punto di riferimento per quei familiari che nel lunghi percorsi di cura di un loro caro necessitano di supporto, incoraggiamento, informazioni, ecc..
Essere sostenuti da altri familiari “esperti” può fare la differenza e questo tipo di supporto va ad integrarsi e completare gli interventi specifici che vengono forniti dai Centri di cura ai familiari (percorsi psicoeducativi, trattamenti familiari o individuali ecc..).
L’associazione è uno sostegno e allo stesso tempo uno stimolo alle iniziative del Centro.
Il sostegno è diretto e indiretto, nel primo caso perché finanzia progetti e attività che vengono effettuate al Centro.
Midori è stata in particolare molto utile nel sostenere i costi non previsti dall’Azienda Aulss, ma importanti nel percorso riabilitativo dell’utenza (ad esempio per attività come yoga, arte terapia, pet terapy, musicoterapia).
Indirettamente ci sostiene invece seguendo lo sviluppo del Centro e le sue attività, dando feed-back sia alla Direzione Aulss che alla stampa, valorizzando e informando familiari e cittadini sul funzionamento del Centro e in generale sui percorsi di cura per questi disturbi.
Questa collaborazione si è sviluppata anche con attività più specifiche di informazione ed educazione rivolte alla popolazione, o a specifici target: conferenze, incontri aperti al pubblico generale, oppure progetti educativi e preventivi per studenti, insegnanti ecc,
Infine l’associazione è uno stimolo nell’indicare lacune o nel raccogliere la domanda degli utenti, nonché nell’evidenziare nuovi bisogni: di qui lo stimolo a lavorare su nuovi progetti ad esempio quelli rivolti alle scuole, l’attività per i fratelli, l’attività a domicilio, ecc.
Tra gli altri progetti, avete potuto beneficiare attraverso l’Associazione Midori del sostegno della Chiesa Valdese. Ci potete raccontare quali sono le attività che sono state rese possibili grazie a questi fondi?
Il trattamento dei gravi disturbi dell’alimentazione, particolarmente l’Anoressia nervosa e la Bulimia nervosa necessita di interventi multidisciplinari e diversi livelli di cura.
Il trattamento ambulatoriale è il primo e il preferibile quando le condizioni cliniche lo permettono mentre i livelli più intensivi di ricovero semiresidenziale in day hospital o residenziale si rendono necessari nei casi più gravi.
In particolare sono più a rischio per possibili ricadute i periodi successivi alla conclusione dei trattamenti più intensivi.
Per questo motivo abbiamo realizzato un intervento specifico di assistenza con terapeuti specializzati nel trattamento dei disturbi alimentari “a domicilio”, rivolto soprattutto agli utenti al termine del trattamento riabilitativo semiresidenziale in day hospital e, in casi selezionati, agli utenti in attesa di iniziare il trattamento riabilitativo in day hospital.
Questo intervento “a domicilio” ha avuto lo scopo di supportare l’utente nell’ambito del suo contesto familiare.
Avete riscontrato dei miglioramenti o un impatto positivo?
Sono stati effettuati incontri di preparazione sia con gli utenti che con i genitori per presentare il progetto e degli incontri settimanali di intervento in base alla gravità.
Possiamo dire di aver avuto un riscontro decisamente positivo, sia per la riduzione delle ricadute nel periodo successivo alla conclusione dei ricoveri riabilitativi che per l’attenuazione del peggioramento nella fase preparatoria al ricovero in day hospital.
Quali sono i professionisti che sono stati coinvolti oltre a voi?
Gli interventi “a domicilio” sono stati attuati con due figure professionali, una psicologa e una dietista formate e specializzate nel trattamento dei disturbi alimentari con la supervisione e il coordinamento medico, focalizzando l’attività sull’osservazione e il supporto nella gestione dei pasti in questi contesti e mirando ad una più funzionale competenza anche dei familiari presenti (genitori, fratelli, sorelle, nonni).
Come sono cambiati, secondo la vostra esperienza, l’approccio e la conoscenza ai DCA in questi anni?
I disturbi alimentari sono patologie complesse e multifattoriali; sappiamo che per manifestarsi necessitano di una serie di condizioni favorenti, genetiche, familiari, sociali e biologiche.
Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito non solo ad espressioni della malattia quasi sconosciute in passato (basti pensare ai disturbi che oggi definiamo ortoressia e vigoressia) ma anche alla progressiva precocità dell’età di esordio anche delle malattie più gravi come l’anoressia nervosa o all’aumento di queste malattie nei soggetti di genere maschile.
Le nuove conoscenze in ambito scientifico e una sempre maggiore sensibilizzazione su queste malattie ha permesso di strutturare dei trattamenti sempre più efficaci e tra i tanti ci piace sottolinearne uno che si è dimostrato particolarmente utile, il coinvolgimento dei familiari nella terapia.
Infatti, la ricerca ha dimostrato i vantaggi delle tecniche terapeutiche familiari, dei trattamenti basati sulla famiglia e del coinvolgimento attivo dei familiari quale risorsa indispensabile nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione.
Infine, per i cambiamenti nella società negli ultimi decenni, che hanno progressivamente ridotto il tradizionale sostegno una volta offerto da conoscenti e familiari, rivestono sempre più importanza forme alternative di aiuto reciproco come ad esempio i gruppi di auto-aiuto.
Cosa potrebbe fare l’Associazione Midori per migliorare la sensibilizzazione e la conoscenza di queste patologie?
Se parliamo dell’informazione in generale in questi anni si è assistito a un notevole aumento di interesse su queste tematiche, con utilizzo di modalità di comunicazione di maggior impatto sul grande pubblico (docufilm in tv, utilizzo dei social, ecc..).
Non sempre purtroppo le informazioni veicolate sono corrette e può esserci il rischio di impattare in modo negativo sulla popolazione giovanile (ad esempio stimolando comportamenti di imitazione), ma sicuramente c’è una conoscenza maggiore del problema con diminuzione dello stigma e maggiore possibilità di arrivare a chiedere aiuto in tempi brevi.
Se parliamo invece delle conoscenze nel mondo scientifico, si è verificato negli ultimi anni un trend di crescita per quanto concerne il lavoro di ricerca e di studio in questo campo: sappiamo di più sulle basi genetiche e biologiche dei disturbi, ma anche quali sono gli approcci di cura con maggiori evidenze scientifiche.
Tutto ciò è recepito da linee guida e protocolli, sia a livello di società scientifiche che per quanto riguarda le legislazioni nazionali e regionali (vedi il recente il PTDA della Regione Veneto).
Un consiglio a tutte le volontarie dell’Associazione Midori
Direi di continuare quello che sta già facendo!
Il lavoro dell’Associazione degli ultimi anni, le iniziative pubbliche come il Forum, le conferenze e pubblicazioni hanno certamente contribuito a migliorare la conoscenza del problema a livello locale, presso la popolazione generale, ma anche in chi può trovarsi più direttamente coinvolto nei percorsi di cura (famiglie, insegnanti, gli stessi operatori sanitari), abbassando lo stigma e l’isolamento in cui utenti e familiari in passato si sono trovati.
C’è sicuramente ancora molto da fare a livello politico/amministrativo, in quanto le risorse destinate alla cura restano inferiori alle necessità, specie tenendo conto che dell’aumento di richieste verificatesi degli ultimi anni e del cambiamento di tipologia dell’utenza (abbassamento dell’età di esordio, multiproblematicità dei casi in trattamento, ecc…).
Infine è fondamentale che le associazioni sostengano progetti di ricerca e tengano vivo l’interesse dei media, perché non considerino questo argomento una “moda” passeggera, ma a loro volta stimolino le istituzioni a occuparsi del problema.
Il consiglio ai volontari e volontarie Midori è di tenere vivo l’entusiasmo che li caratterizza e la solidarietà e la vicinanza che esprimono a chi si avvicina all’Associazione.
L’invito è di proseguire con le iniziative già in atto, mantenendo sempre lo spazio di accoglienza e supporto alle famiglie con gli sportelli e i gruppi di auto-aiuto.