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Francesca Dafne Vignaga ci racconta il murale realizzato per Midori presso il Centro DCA di Vicenza

di Martina Rini

Francesca Dafne Vignaga è un’illustratrice, un’autentica illustratrice.
Nel senso che non si limita a rappresentare visivamente un testo o una storia, nei ritagli del suo tempo.
Non reinterpreta lo stile di un altro illustratore o adatta il suo linguaggio alle esigenze di un editore, di un committente. Dafne vive per e con le sue illustrazioni, traducendo il mondo attraverso un personalissimo linguaggio.

Se la incontri di persona o semplicemente vedi una sua fotografia, intuisci quanta continuità ci sia tra lei e il suo lavoro, quest’ultimo concordemente descritto come un “tripudio di segni delicati racchiudenti una grande forza, una profonda emozione“.

Per l’Associazione Midori, Dafne ha realizzato un murale, nella parete del corridoio centrale dell’Area Ricovero Diurno del Centro per i Disturbi del Comportamento Alimentare, presso l’Ospedale San Bortolo di Vicenza.

Inaugurata il 16 Dicembre 2019, la nuova sede offre spazi adeguati alle visite ambulatoriali ed al day-hospital. Alcune ragazze e ragazzi vi passano mediamente dalle quattro alle otto ore al giorno, spesso per molti mesi, inevitabilmente questi spazi diventano una sorta di seconda casa anche per le loro famiglie.

È constatato che ambienti di cura sereni e ospitali favoriscono uno stato mentale positivo, che si traduce in vitalità ed energia nell’affrontare al meglio il percorso di guarigione. Per questo motivo, particolare attenzione bisogna dedicarla al colore oltre che all’arredo in quanto – come sosteneva il progettista Frank Mahnke – il colore non può essere considerato soltanto una questione di arte e bellezza o un semplice elemento decorativo, ma ha una vera e propria funzione se finalizzato al benessere ambientale, poiché coinvolge fattori umani e psicologici.

Forte di questa convinzione, Midori ha lanciato una raccolta fondi sul web nell’ottobre 2019 – per l’acquisto di arredi, attrezzature tecnologiche e la realizzazione di un murale – raggiungendo in breve tempo la cifra di 7.000 euro, a cui se ne sono aggiunti altri 4.000 grazie al sostegno della Fondazione San Bortolo.

Tra i cinque artisti invitati da Midori a presentare una proposta per il murale, quella di Dafne Vignaga è risultata la più idonea.
Il murale rappresenta una ragazza seduta in una barca, dalle cui mani escono fiori colorati.


Dafne, com’è stata la sua esperienza di lavorare al Centro per i DCA?
È stata un’esperienza serena, appagante e arricchente.
Sono stata molto felice di non lavorare racchiusa tra le mura del mio studio, in solitudine. Ho impiegato una decina di giorni per completare il murale che misura circa quattro metri e mezzo per due di altezza. Giorni trascorsi in compagnia delle ospiti, del personale e dei medici del Centro.
Ogni tratto del mio lavoro ha preso forma sotto gli occhi di tante persone, soprattutto di quelle che poi avrebbero dovuto conviverci per buona parte delle loro giornate.
Mi ha fatto piacere condividere il mio progetto con le ragazze ricoverate al Centro prima di iniziare il lavoro, per ascoltare il loro pensiero a riguardo Ne è scaturito un confronto costruttivo che ha fatto sì che l’opera crescesse in piena armonia.
La scelta di non incorniciare il murale, non definirgli dei limiti, è stata decisa con le ragazze, per togliere i confini netti all’immagine e permettere magari in un secondo momento di ampliarlo nei muri adiacenti.

Tecnicamente, come si lavora a un’opera così grande?
Non è facile lavorare su un’ampia dimensione perchè la parete scelta si trova in un corridoio e non c’è possibilità di vedere l’immagine da lontano nella sua interezza. Comunque sia, con le dovute accortezze, definendo e tracciando le proporzioni di massima, ho proseguito con i vari elementi. Amo dedicarmi ai dettagli, a volte in maniera quasi maniacale. Ogni piccolo segno concorre nel creare un’immagine armonica nel suo insieme.

Restando in tema di particolari, perché il soggetto del murale ha gli occhi chiusi e non ha la bocca?
Tenere gli occhi chiusi ci permette di “ascoltare” meglio le emozioni. “Ascoltare fortemente” le emozioni è una caratteristica primaria delle persone affette da Disturbi del Comportamento Alimentare, per me era fondamentale evidenziarlo. È una particolarità che può rappresentare un autentico disastro quando non la sai gestire, ma può trasformarsi in un punto di grande forza se impari i codici.

C’è poi la questione della bocca…
Quando ho sottoposto il bozzetto a Midori, la ragazza rappresentata non aveva la bocca. Non riuscivo a darle una forma, mi bloccavo in continuazione. Ho deciso che l’avrei disegnata per ultima, ma quando è arrivato il momento qualcosa mi ha frenata e ho deciso che l’avrei presentato così, senza nessuna bocca, ne avrei discusso in seguito con le ragazze, per capire cosa ne pensassero. Mi ha colpito molto il fatto che tutte fossero concordi e molto decise sul fatto di non disegnarla affatto.
La ragazza sulla barca “parla” attraverso le sue mani, attraverso una natura viva e colorata che esce da lei e che, per chi sa “ascoltare”, racchiude molti significati.

I fiori, le foglie, gli animali sono elementi tipici delle sue opere. Che rapporto ha con essi?
Io mi definisco una persona selvatica. Vivo il più possibile a contatto con la natura. Ho un rapporto molto forte con terra, alberi, fiori, animali e insetti… E’ il mondo che amo di più, quello che preferisco e quello che scelgo di rappresentare perché ogni giorno mi stupisce per la sua armonia, per la sua forza, nella sua totalità e nei suoi dettagli microscopici e straordinari.

Nel murale ho scelto di inserire i fiori che preferisco, quasi tutti sono fiori presenti nel mio giardino. Altri sono fiori di campo, i più semplici, per me i più belli.

Cosa prova quando immagina la sua opera nella quotidianità del Centro?
Mi piace pensare che il mio lavoro possa contribuire a  rendere più colorate le giornate grigie, che possa dare un respiro luminoso, magari un po’ di magia.

L’ho creato sorridendo e con il cuore sereno. Spero che oltre all’opera tangibile, un po’ di questa intenzione possa arrivare a destinazione.

Crede che l’arte e il colore possano influenzare il benessere delle persone? Che promuovere anche l’illustrazione, nelle strutture ospedaliere, possa  favorire occasioni di riflessione e di serenità?

Credo fortemente che l’Arte in tutte le sue forme – dalla pittura alla musica, al teatro etc – sia fortemente terapeutica. Ha un canale di comunicazione diretto con la nostra anima, con la nostra parte istintiva, spontanea, libera, autentica.
L’arte, con l’armonia che può generare, può curare molto più di quel che si pensi. Ne sono assolutamente convinta e credo bisognerebbe promuoverla in ogni ambito.
L’illustrazione è il mezzo che per il momento considero più adatto a me perchè trovo grande ispirazione nelle parole. Le parole sono magiche (anche se spesso le diamo per scontate), possono offrire grandi possibilità espressive e favorire ponti di comunicazione inaspettati, anche con le nostre parti d’ombra.

www.francescavignaga.com

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MIDORI sostiene un PROGETTO DI ORTOTERAPIA rivolto alle ospiti del Centro DCA

di Martina Rini

La nuova sede del Centro Disturbi Alimentari dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza ha la particolarità di avere un piccolo quadrato di verde a disposizione, un piccolo angolo di intimità e quiete. È previsto l’inserimento di piante e fiori perché, oltre a rendere più piacevole l’ambiente, questa presenza di natura permetterà alle pazienti di cimentarsi in percorsi di rieducazione alimentare davvero immersivi.

Il progetto di ORTOTERAPIA – inteso come insieme di pratiche orticolturiali, di giardinaggio e composizioni floreali come strumenti terapeutico riabilitativi e psicopedagogici – prevede un ciclo di interventi che comprendono attività teorica e pratica con piante di fiori.

L’attività svolta all’aperto permetterà alle giovani pazienti di beneficiare di un ristoro mentale dalle attività stressanti legate ai percorsi di cura.

In collaborazione con il Garden Filippi di Vicenza, in particolar modo con la signora Giovanna, il progetto è in corso, per alcune ospiti del Day Hospital del Centro. Fiori, foglie, nastri colorati sono stati i protagonisti di alcune ore delle giornate

Al piacere  di imparare le basi di un’arte antica si è aggiunto quello emotivo di realizzare qualcosa (di bello!) con le proprie mani.


ORTOTERAPIA fa parte del progetto Fantastici Cambia-menti ed è stato sostenuto grazie al Bando “Servizi di Prossimità 2019” di Fondazione Cariverona.

MIDORI presenta il nuovo logo e la nuova immagine coordinata

di Martina Rini

Dopo anni contraddistinti soprattutto dal “fare” MIDORI ha sentito che era giunto il momento di dedicare anche tempo al “dire”. Al comunicare la propria attività in maniera più puntuale e articolata, rinnovando la propria immagine e quindi anche il logo.

Siamo lieti di presentarvi l’esito di questa operazione di restyling che inizia con il nuovo logo ma che prosegue interessando tutta la nostra immagine coordinata, cartacea e digitale.
Un restyling che trova il suo inizio tra le fila dell’Associazione.
In quest’ultimo anno, molti cambiamenti hanno caratterizzato la compagine associativa, molte persone si sono unite al gruppo come associati e come volontari; questi ultimi hanno messo a disposizione le loro competenze professionali e portato nuova linfa ad una pianta già caratterizzata da radici solide.

Nell’ottica di far crescere ancora di più l’Associazione, sempre ed esclusivamente a favore delle persone affette da Disturbi Alimentari e dei loro familiari, si è deciso di dare un segno tangibile al cambiamento.

Il nuovo logo vede il simbolo rinnovato, ispirato al precedente e sintetizzato in un’unica mano, tesa al dare e al ricevere.
Come font è stato scelto il Futura, un carattere tipografico senza grazie, progettato dal tipografo e grafico tedesco Paul Renner negli anni Venti del Novecento.
È un carattere di tipo lineare che deriva da caratteristiche proprie della progettazione del Bauhaus, quali equilibrio compositivo e costruttivismo.

MIDORI, in giapponese, significa verde 緑

Non un verde qualsiasi, chiaramente, ma un verde intenso, giovane e al verde della natura, come nel caso di 緑茶・りょくちゃ (ryokucha, tè verde) e 緑地・りょくち (ryokuchi, area verde).

È stato scelto quindi, come colore MIDORI,  un verde intenso, in grado di trasmettere rilassatezza e tranquillità, oltre a sensazioni positive e rassicuranti.
Nell’insieme ne abbiamo conseguito un logo moderno, dinamico e solido, strettamente collegato agli obiettivi associativi e ai valori che vogliamo comunicare.

Si abbassa l’età del primo incontro con il fantasma dalle spalle ossute

di Franco Pepe
Pubblicato su Medicalmeet

Anoressia, bulimia, abbuffate compulsive, senza freno, quelle che passano sotto il nome di “binge eating”.
Il trend è in crescita e fa paura. Numeri  impressionanti.
I disordini alimentari sono diventati pericolosi compagni di vita di 3 milioni e mezzo di italiani (lo scorso anno 9 mila nuovi casi) che si aggrappano al rifiuto ossessivo del cibo per difendersi dallo specchio fatto di sfiducia, di sentimenti di inadeguatezza e disvalore, che deforma la loro immagine. Non solo. Si abbassa l’età del primo incontro con il fantasma dalle spalle ossute che ha preso le forme di un’epidemia sociale. Ben 2,3 milioni delle vittime del mito della magrezza sono adolescenti.
Nel 95 per cento dei casi si cade nella trappola del disagio tra gli 11 e i 18 anni. Nel 90 per cento sono malattie al femminile. E l’esordio è sempre più precoce, anche a 8-9 anni.  L’allarme arriva  dall’Oms.

Anoressia e bulimia in età giovanile sono la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali. Fenomeno in lievitazione pure nel Vicentino.
I dati del centro per i disturbi del comportamento alimentare del San Bortolo rivelano il dilagare di un male di vivere che nell’anoressia esplode per predisposizione genetica, sotto la pressione di modelli sociali ingannevoli, ma anche per cause scatenanti sconosciute, e nella bulimia come piaga scavata spesso dal bullismo e dall’abuso sessuale.
I numeri sono lo specchio di una deriva che non si arresta. Anoressia, bulimia e disturbi da alimentazione incontrollata, tre volti di uno stesso mostro che ghermisce con gli artigli, catturano sempre più vittime.  E si abbassa, come detto, l’età delle ragazze, ma anche dei ragazzi (ora anche i maschi vengono stretti nelle spire di questa ossessione) che entrano in un labirinto di cui non si sa quando si troverà (se si troverà) un varco di uscita.
Nel 2018 i nuovi casi erano stati 155. Alla  fine del 2019 saranno molti di più.
In tutto lo scorso anno 278 pazienti in carico. Nel 2019 fino ad oggi 249.
Nel 2018 267 prime visite. Quest’anno, fino al 15 giugno, erano già 255.
Schizzano poi in alto le visite medico-specialistiche di controllo: nel 2018 525 e, al giro di boa neppure completato dei 180 giorni, 966. Un quadro sconfortante. Che emerge pure dalle cifre del day hospital e dei ricoveri.
I posti disponibili sono 12. Ebbene, nel 2018 74 pazienti. A metà giugno 2019 71 ragazze in terapia, fra dieta, trattamento psicologico e attività semi-residenziale.
Nel 2018 1386 giornate di ricovero. Nel 2019, in neppure sei mesi, 1077.
Nel 2018 173 giornate di degenza ospedaliera. Quest’anno in nemmeno 180 giorni, 157.
Sempre più bambine e giovanissime, dunque.
Ma il cerchio dei disturbi alimentari continua ad allargarsi anche in altre fasce di età in cui ognuno combatte ogni giorno la sua difficile battaglia contro il drago che fa odiare il cibo.

“La maggiore concentrazione – dice la dottoressa Alessandra Sala responsabile del Centro del San Bortolo – si ha fra i 16 e 24 anni, ma vediamo anche casi di donne fra i 40 e 50”. Qualche volta il malessere cova sotto la cenere per anni e poi, all’improvviso divampa. Rifiuto del cibo o, sul polo opposto, abbuffate compulsive restano le sbarre di una silenziosa epidemia che sconvolge la vita di chi ne resta vittima e delle famiglie. Ma oggi questo aumento – spiega – è dovuto a una serie di fattori.
“Emergono più casi perché c’è una maggiore attenzione dei medici di base. Una volta chi soffriva di questi disturbi arrivava a un tentativo di cura dopo anni di malattia magari nascosta o taciuta.  Le cure erano ancora sottotraccia, difficili da intercettare e i centri per lo più inesistenti. C’era solo qualche struttura privata e si doveva pagare. Adesso con un centro pubblico come il nostro chi ha bisogno viene”.
Nel 2018, in Italia, i decessi collegabili a uno o più disturbi alimentari accertati sono stati oltre tremila.
Vicenza, per fortuna, non ha ancora conosciuto l’estremità del dramma ma le situazioni gravi che hanno bisogno di un lungo ricovero in ospedale e del sondino per l’alimentazione artificiale sono sempre più frequenti.

“C’è – dice la dottoressa Sala – un’attenzione spasmodica alla forma fisica e e il dimagrimento diventa la via per controllarla. Il disagio viene focalizzato sul cibo. Le concause possono essere tante: il Dna, la fragilità della famiglia, l’ambiente sociale. L’adolescenza è un’età in cui la competitività è maggiore e il soggetto più debole soccombe e si isola”.
Un meccanismo perverso. C’è la ragazza in sovrappeso che viene presa in giro dai coetanei. Chi non ha un’immagine di successo si sente diversa, esclusa, si vede puntata dalla disistima. Ci sono le vittime di bullismo. I social moltiplicano questa immagine negativa, la rendono virale, scoppia la crisi esistenziale, il disagio si trasforma in patologia, e queste ragazze si rifugiano nei siti che mascherano le difficoltà vere ed enfatizzano la voglia di essere magre e belle.

Numeri e problemi, questi, che affiorano nel 4° Forum Regionale sui disturbi alimentari (organizzato dall’Associazione Midori in collaborazione a dolp_dove osano le parole per la parte Segreteria Organizzativa/Provider) sullo sfondo di un titolo comunque positivo (La sfida del cambiamento), nella cornice della sala convegni dell’ospedale.
Un board di relatori di spicco – fra esperti di calibro nazionale (Paolo Santonastaso della clinica psichiatrica padovana, Pierandrea Salvo  della Casa delle Farfalle di Portogruaro, Angela Favaro dell’università di Padova), e i referenti dell’ospedale di Vicenza (i primari Massimo Bellettato di pediatria, Andrea Danieli del servizio psichiatrico, Giovanni Scanelli di medicina, il neuropsicologo Paolo Magrini, l’endocrinologo Vincenzo Munno) – sotto la regia del team diretto dalla dottoressa Sala.
E al centro della convention la famiglia, come punto di riferimento del percorso di cura, a cominciare dal Fbt, Family based treatment, metodo collaudato e consigliato dalle linee-guida internazionali che coinvolge intensamente i genitori, ma in un’ottica che chiama in causa i medici, visto che la linea comune pone una certezza pesante come un macigno: la diagnosi precoce moltiplica le probabilità di guarigione nei più giovani. Quanto prima si scopre il problema, tanto più possibile è la soluzione. Nel 90 per cento dei casi se ne esce.

Così si costruisce il “ponte di speranza” che è il sogno della presidente di Midori Antonella Cornale, anima di questa lotta a malattie che catturano la mente e ricattano il corpo, a ossessioni che possono rinchiudere in un labirinto senza uscita, a patologie di natura psichiatrica che inseguono il mito paradossale della magrezza e di cui è importante, quindi, riconoscere i primi sintomi per combatterle.
Ci sono ragazze che restano ricoverate in ospedale, in pediatria o in medicina, per oltre 3 mesi.
Che hanno bisogno del sondino per sopravvivere, per superare la fase più difficile dell’emergenza, e poi di farmaci anti-depressivi per cercare di evadere dalla gabbia.
“Più del 50 per cento ci riesce, un altro 15-20 per cento si porta addosso questo dramma per sempre, un altro 10-15 non ce la fa. Si può guarire o morire  – dice un maestro come Paolo Santonastaso, cattedratico di clinica psichiatrica a Padova, uno dei fondatori di questi centri che curano i cancri mentali dell’anoressia e della bulimia, che nel 1999  “scrisse” la delibera regionale con cui il Veneto, primo in Italia, introduceva un sistema di cura diventato modello nazionale. Sono malattie che si vedono – ribadisce – eppure si intercetta solo il 60 per cento delle persone che soffrono di questi problemi. Un altro 40 sfugge alla diagnosi, non viene curata quando invece il trattamento precoce è fondamentale.
Per questo l’importanza di terapie mirate che hanno bisogno di apporti clinici e psicologici, di rieducazione al pasto visto non più come sede dell’abisso, del confitto interiore. Per questo la necessità di una adeguata interazione fra medici e famiglie. Perché altrimenti papà e mamme rischiano, comunque, nonostante l’impegno, di brancolare nel buio alla ricerca di soluzioni che non conoscono.
Nel Veneto operano due centri a Padova e Verona, 3 poli provinciali pubblici a Vicenza, Portogruaro e Treviso, 13 ambulatori, 4 case di cura private. E, nel panorama veneto e nazionale, il centro del San Bortolo brilla, per qualità ed efficienza, come asse di una rete provinciale che comprende le Ulss 8 e 7.
Insomma, il San Bortolo è una punta di diamante.
E questo grazie anche ad associazioni come Midori, nata proprio per dare aiuto ai genitori, stimolare le istituzioni, sensibilizzare la gente.
“Vogliamo sdoganare la paura e portare la speranza – ha sempre sostenuto Antonella Cornale – da soli si è impotenti. Insieme, con il supporto di strutture mediche valide, di qualcuno che indirizzi, che dica cosa fare, si può vincere questa battaglia”.